territorio

Il progetto riguarda le opere di ingegneria afferenti direttamente o indirettamente al bacino del Piave e presenti nel territorio delle tre province di Belluno, Treviso e Venezia, con uno sconfinamento nel Friuli Venezia Giulia, per la presenza della diga del Vajont, nel comune di Erto-Casso.
Rientrano nel quadro organico del progetto tutti i comuni interessati dal passaggio del Piave e dei suoi affluenti, da Sappada a Jesolo.
Venezia e Cavallino-Treporti fanno parte degli itinerari per la presenza di opere idrauliche afferenti alla laguna. Il capoluogo regionale è inserito nel sistema anche per il ruolo primario del Piave nello sviluppo commerciale ed economico della Serenissima e di quello industriale di Porto Marghera, nonché per le opere idrauliche realizzate nei secoli a difesa della laguna.
Vittorio Veneto ed alcuni comuni del vittoriese sono presenti nel progetto poiché il fiume Meschio riceve indirettamente le acque del Piave confluite artificialmente nel lago di Santa Croce e nei laghi della Val Lapisina, organici al sistema del bacino idroelettrico, nonché per la presenza nel territorio vittoriese di opere idrauliche come il canale artificiale Castelletto che restituisce al Piave le acque sottratte al grande fiume a Ponte delle Alpi. 
Più di cento sono complessivamente le amministrazioni comunali a cui è rivolta la proposta del museo diffuso che si configura come rete territoriale e denominatore comune di un'unica grande storia, insieme di mille diversi episodi.
Innumerevoli sono le opere di ingegneria nel territorio del bacino idrografico del Piave.
I laghi di Centro Cadore, Pontesei, Val Gallina,Vodo, Valle, Santa Caterina di Auronzo, Fedaia ed il bacino interrato del Vajont sono solo alcuni dei laghi artificiali che segnano il paesaggio.
Ad ogni bacino artificiale corrisponde una diga e le complesse opere idrauliche ad essa collegate compresi oltre cinquanta chilometri di tubazioni in galleria che attraversano interi gruppi dolomitici.
Da Malga Ciapela a Spresiano si contano quarantanove centrali per la trasformazione dell’energia idroelettrica molte delle quali sono interessanti esempi di architettura con impianti di produzione all’avanguardia rispetto all’epoca di costruzione, come ad esempio la centrale di Soverzene, moderna cattedrale custode di alta tecnologia, scavata nella montagna con un soffitto a volta affrescato come la Cappella Sistina.
Il fiume Piave è attraversato da oltre sessanta ponti tra i quali il viadotto di Vallesella a Domegge di Cadore, primo ponte in Italia realizzato in cemento armato precompresso.
I ponti e le infrastrutture raccontano non solo storie di ingegneria ma anche di grandi conflitti generati da un corridoio che da sempre collega il nord Europa con il Mediterraneo.
Anche le opere idrauliche che hanno modificato il corso naturale delle acque hanno una storia che precede quella del bacino idroelettrico. Il canale Brentella, che riceve le acque del Piave a Fener, è datato 1436 e realizzato, su concessione della Repubblica Veneta, per l'irrigazione delle campagne trevigiane. Lo stesso canale vede, in epoche successive, l’insediamento di molti opifici che hanno sfruttano lo scorrere dell’acqua per la produzione di forza motrice.
Tra le infrastrutture è di grande importanza storica la strada statale 51, che ripercorre la Strada Regia di Alemagna, antico collegamento tra l'Europa del nord e il mare Adriatico, via segnata da episodi storici, da scambi culturali e commerciali che riconducono nuovamente alle relazioni fra le Dolomiti e la città lagunare.
In molte aree del territorio indagato sono concentrate opere che possono considerarsi dei piccoli sistemi.
Longarone e la valle del Vajont sono custodi della storia più intensa e rappresentativa di tutto il bacino. Molte opere sono state realizzate qui prima e dopo il tragico evento del 9 ottobre 1963.
Anche aree come quella del lago di Centro Cadore, rivelano storie di grandi risultati tecnici ma anche di drammatiche trasformazioni territoriali.
In Val Lapisina, da Serravalle di Vittorio Veneto al Fadalto, fino al lago di Santa Croce, si trovano diverse centrali elettriche, salti e bacini ben visibili dalla SS. 51, in un suo tratto suggestivo e controverso e per l'ingombrante presenza dei piedritti dell'autostrada A/27. 
Non meno interessante si configura la pianura. Gli interventi di salvaguardia dalle piene e quelli per irrigare le aree coltivate si protraggono fino alla laguna di Venezia, dove le opere di ingegneria idraulica a protezione del delicato sistema insediativo della Serenissima sono manifeste anche nel recente complesso del Mose.
Il primo Novecento vede infine nascere grandi opere di ingegneria per la realizzazione di Porto Marghera, in un regime di autarchia che trova nello sfruttamento dell'energia prodotta dalle acque che scendono dalle valli bellunesi la sua principale fonte di sviluppo.
Le diverse opere di ingegneria consentono la realizzazione di itinerari collegati in cui le stesse infrastrutture fanno parte integrante dell’ecomuseo.
Si ipotizzano, complementari agli itinerari, tre punti museali permanenti nelle province di Belluno, Treviso e Venezia, punti strategici di un asse nord-sud di collegamento dell'intera struttura museale.